La storia dell’ambassador Kayland Giulio Venditti, speleosubacqueo e appassionato di montagna.
"La montagna è metafora di ognuno di noi"
Questo è il motto di Giulio Venditti, ambassador Kayland, speleosubacqueo e paracadutista dell’esercito italiano.
Certo, subacquea di profondità e alpinismo non sono due discipline che verrebbe naturale accostare, ma Giulio ha sempre percorso il suo sentiero in un modo totalmente originale, trovando punti di contatto tra discipline, esperienze e professionalità talvolta opposte. Una delle sue migliori caratteristiche è senza dubbio la trasversalità: Giulio vede la sua vita come un foglio bianco da riempire con nuove passioni, nuovi interessi, nuove esperienze.
Giulio ci ha dedicato del tempo per raccontare la sua storia, il suo approccio alla montagna e alla vita e ci ha parlato del fil rouge che collega la speleosubacquea all’alpinismo.
Inizia tutto durante la sua adolescenza, quando si avvicina all’apnea e alla subacquea, anche invernale. Tra i banchi di scuola, sviluppa una sempre maggiore attenzione a queste discipline, interesse che poi trova la sua consacrazione con l’entrata nell’Esercito Italiano.
Con la sua formazione in corpi d’elite e grazie alle sue missioni in molti teatri operativi, impara l’importanza dell’adattamento e soprattutto della presenza a sé: conoscere sé stessi, sapersi governare in qualsiasi situazione, benché provante od ostile, diventa il fattore più importante in assoluto quando la posta è alta.
Non solo, durante la sua carriera nell’Esercito, continua la sua formazione come subacqueo sia in Italia che in Francia. Durante questi anni, partecipa a varie immersioni alla ricerca e alla scoperta di relitti e successivamente si approccia alla scoperta delle grotte.
Durante la mia carriera ho avuto modo di specializzarmi come speleosubacqueo e col tempo ho capito che sussiste un forte legame tra questa disciplina e l’alpinismo. Spesso per fini scientifici, mi sono trovato a collaborare con spedizioni che studiano le risorgenze d’acqua dolce nelle grotte subacquee e sotterranee, alla ricerca in ambito geologico, biologico e per la salvaguardia dei delicati equilibri di questi ambienti. Ovviamente, il mio equipaggiamento Kayland è mio fedele compagno in ogni nuova avventura.
Il motivo per cui la definisco “Subacquea di montagna” è semplice: l’entrata in queste grotte richiede spesso molte ore di avvicinamento, trovandosi spesso in luoghi remoti e non serviti da strade, se non sterrate. Qui abbiamo il primo punto di contatto con il trekking, per il fatto di doversi letteralmente avvicinare alle grotte e ai punti di immersione.
Inoltre, come nell’alpinismo tradizionale, il carico è molto pesante e a volte può arrivare fino a 50kg, comprendendo le bombole per l’immersione. Capita che sia richiesto anche l’aiuto di animali come muli o cavalli per il trasporto dell’attrezzatura, qualora la spedizione conti un alto numero di persone o una grande quantità di strumenti. Quest’approccio ricorda da vicino la preparazione e l’avvicinamento dell'alpinismo himalayano. Saper portare con sé lo stretto necessario è assolutamente essenziale per evitare peso aggiuntivo e anche una distribuzione del peso dello zaino ottimale è importante per la buona riuscita del progetto. È fondamentale saper conservare le energie e arrivare lucidi alla destinazione, per affrontare ogni situazione in maniera logica, fredda ed efficace.
Ancora, nella subacquea la conoscenza dell’ambiente e del proprio fisico è importantissima, bisogna sapersi governare in ogni situazione, per quanto pericolosa possa essere. Gestire lo stress è una capacità che ti può salvare la vita. Ogni speleosubacqueo si sottopone a un allenamento fisico e mentale severo, pre e post immersione, combinato a uno studio approfondito dell'ambiente e del corpo umano. Il grado di pericolo delle immersioni in grotta non è certo un mistero: spesso si sentono cronache di subacquei che nelle grotte perdono la vita. Bisogna sapere cos’è la decompressione, la fisiologia legata alla respirazione di gas in profondità, quando devi fermarti e quando puoi andare avanti, ad esempio se sei sottoposto a temperature estremamente rigide. Bisogna sempre valutare il rischio. Queste conoscenze possono darle solo dedizione, addestramento, allenamento ed esperienza.
La cosa che più preferisco fare in montagna è vivere. Sentirla, come se fosse una voce che parla a ognuno di noi, che sussurra dritto al cuore di ogni appassionato che la ama e la rispetta.
Come nella subacquea, in montagna non è consentito strafare: se non pensi, se non valuti il rischio e se non sai quando fermarti, la montagna e il mare non perdonano. Per questo mi accompagno sempre ad amici alpinisti di professione, che sanno consigliare i sentieri migliori, anche sfidanti, ma dove la mia incolumità non è messa a repentaglio.
Vivo la montagna come un misto di elevazione personale e sfida, tecnica e fisica. In inverno amo usare ramponi e piccozze, sempre con i miei Kayland Super Ice Evo GTX ai piedi. L’esperienza delle persone e dei professionisti a cui mi accompagno mi consentono di godere appieno delle meraviglie che solo le cime sanno regalare, mettendo contemporaneamente alla prova me stesso sia dal lato mentale che da quello fisico.
Sostanzialmente, il progetto mirava a studiare approfonditamente i microrganismi. Ciò che vogliono fare gli scienziati è quello di mettere “sotto stress” queste forme di vita al fine di comprenderne i limiti di sopravvivenza. La spedizione scientifica è focalizzata principalmente su questo e contemporaneamente è stato girato un documentario sull’intero progetto.
La spedizione è durata dieci giorni e mi ha visto impegnato nella parte di immersioni, ovviamente con attrezzature idonee a condizioni estreme, per permettermi di affrontare lunghe immersioni a temperature molto rigide.
Il progetto è americano e contava su svariati professionisti da tutto il mondo, me compreso. È una bella storia di collaborazione internazionale.
Sia nelle tue avventure in montagna che alle Lofoten sarai accompagnato dai tuoi Kayland…
Assolutamente sì. Ho portato con me Super Ice Evo GTX e Cross Mountain GTX, mentre le mie Alpha Knit mi hanno aspettato a casa in vista degli avvicinamenti durante la bella stagione.
Un utente non esperto può in effetti sottovalutare l’incidenza dell’equipaggiamento, ma quando hai abbastanza esperienza capisci che, in queste situazioni, l’attrezzatura fa tutta la differenza del mondo.
In passato, per una spedizione in Albania, ho affrontato un avvicinamento di 7 ore e le suole dei miei fedeli compagni mi hanno permesso di percorrere la strada in totale sicurezza. All’epoca ho usato Alpha Knit, ma qualora abbia bisogno di un maggiore sostegno per la caviglia, quando per esempio porto con me dei carichi pesanti, preferisco utilizzare Cross Mountain GTX, che mi hanno sempre restituito un’ottima protezione, comodità e traspirabilità.
Nell’ultimo progetto alle Lofoten, ho utilizzato maggiormente Super Ice Evo GTX, che mi permettono di affrontare le rigide temperature norvegesi senza alcun problema, con un ottimo grip della suola e un totale isolamento dagli agenti atmosferici.
Grazie infinite Giulio per il tempo che ci hai dedicato e un grandissimo in bocca al lupo per il tuo prossimo progetto!
Grazie mille.